FanyArts | Portfolio Categories RAKU
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Chawan

Se la forma e l’aspetto della tazza si rifanno alla bellezza transitoria della natura, le dimensioni dell’oggetto devono rispondere alle esigenze pratiche e di utilizzo.
Il tè matcha 抹茶, utilizzato nella cerimonia, è una polvere che va mescolata nell’acqua bollente attraverso uno speciale frullino in bambù Chasen 茶筅 ed è per questo motivo che le tazze sono molto più grandi rispetto a quelle cinesi o coroeane dove il tè consumato si ottiene per infusione.
Il diametro e l’altezza della tazza variano a seconda che si tratti di una tazza invernale, più alta e stretta per conservare il calore del tè (altezza 10/11 cm, diametro 9/11 cm circa), o di una tazza estiva più larga e bassa per raffreddare più velocemente la bevanda (altezza 8/9 cm, diametro 11/13 cm circa).  Una tazza è “solo” un oggetto, il Raku è “solo” una tecnica, ma insieme diventano il simbolo che rappresenta i quattro principi della cerimonia del tè sono: armonia, purezza, rispetto e tranquillità (Wa, Kei, Sei, Jaku); è a questo ideale di “perfezione imperfetta” che gli artisti dovrebbero ispirarsi approcciando alla ceramica Raku con umiltà e consapevolezza; non è il caso a rendere una tazza Raku un oggetto d’arte, ma è l’esperienza, la conoscenza, la ricerca, la passione e la sensibilità dell’artista.

 

Naked

Il Raku Nudo o “Naked ” è una delle varianti del Raku contemporaneo senza utilizzare uno smalto diretto sulla superficie dell’oggetto ma un semplice ingobbio (o distaccante) come barriera per impedire allo smalto di attaccarsi direttamente e allo stesso tempo al fumo di penetrare nell’argilla. Il distaccante non permette che lo smalto aderisca all’argilla
Il pezzo viene estratto dal forno a circa 850-920°C e dopo qualche breve momento per dare tempo alla cavillatura (o craquelé) di formarsi, lo si immette dentro un contenitore per l’affumicamento (con carta, segatura, paglia e foglie).
Dopo qualche minuto il pezzo può essere estratto e bagnato in modo da completare il processo, ed è qui al contatto con l’acqua che l’oggetto si priva dello smalto che porta via l’ingobbio (da cui Raku nudo). Il fumo, passando attraverso le cavillature che si erano prodotte nello smalto durante lo shock termico, dovuto al repentino raffreddamento, lascia sulle superficie del pezzo un reticolo o delle zone più o meno nere in base al tempo ed al materiale usato.
Con questa tecnica si possono trovare molteplici decori interessanti.

Lustri

La cottura raku, o seconda cottura, viene effettuata in un apposito forno, a pozzetto o a campana, in fibre ceramica leggera, ma si possono costruire piccoli forni anche con mattoni refrattari non cementati, dove la temperatura sale a circa 950 – 1000 °C.

Quando il colore del forno è di un arancio chiaro tendente al giallo e i pezzi invetriati sono lucidi, si procede all’estrazione. Il forno viene aperto e l’oggetto viene preso attraverso apposite pinze e immediatamente depositato all’aria a raffreddare, in alternativa immerso nell’acqua, questa è la vera tecnica raku. In tempi recenti, anni 70, scoperta questa tecnica di cottura, si è pensato di inserire i pezzi in un contenitore di metallo pieno di materiale combustibile (fogli di giornale, trucioli, segatura ecc.), che, bruciando a contatto dei pezzi incandescenti, provocando una grossa riduzione d’ossigeno. L’oggetto viene poi estratto nuovamente dal contenitore e immerso nell’acqua, dopo di che viene pulito per eliminare i segni della combustione e per far emergere i riflessi metallici in tutta la loro iridescenza e brillantezza.

Tali riflessi metallici o lustri si formano in assenza totale o parziale di ossigeno attorno ai 650-700 °C con questa tecnica cruenta, non bisogna dimenticare i famosi lustri Ispano Moreschi e quelli di Gubbio, erano ottenuti con assenza di ossigeno nella terza cottura, sempre alla stessa temperatura, ma nel forno di cottura allora a legna, chiudendo il camino, immettendo materiale, zoccoli di cavallo, resina, pece, nel forno e chiudendo anche il focolare, si otteneva la riduzione.

Copper Matt

Il copper matt o rame opaco è una variante del raku.

Il pezzo viene ricoperto tutto o in parte con uno smalto composto da rame 80% cristallina 20%, alcuni aggiungono piccole quantità di ferro o di cobalto.

Una volta che lo smalto inizia a fondere (in genere 920 – 950 °) il pezzo è rimosso dal forno , collocato su un letto di segatura o carta di giornale per qualche istante e poi sigillato. Questo crea riduzione e i colori del rame iniziano a compiere la loro magia.

Il composto quasi esclusivamente di rame con il tempo tenderà ad ossidarsi e il pezzo avrà delle tonalità verdi.

Saggar

La parola “sagra” deriva dall’unione di due parole di lingua inglese : “ Safe- guard” o contenitore, muffola che si utilizza all’interno del forno per cuocere questa particolarissima ceramica.
Molte sono le tipologie di contenitori possibili ma spesso utilizzo fogli di alluminio e dell’argilla per fissare il materiale organico e far sì che anche essa possa espellere la sostanza di sali e minerali.
Il forno che verrà utilizzato per queste cotture sarà un normalissimo forno raku, meglio se in fibra ceramica.
Si possono utilizzare tutti i tipi di argilla con un minimo di resistenza allo shock termico, preferibilmente dei grès bianchi contenenti una chamotte compresa tra 0,02 e 0,5. Utilizzo spesso anche argille da pirofila ferrose.
Un manufatto destinato a questa tecnica deve avere delle precise caratteristiche, molto simili agli oggetti in raku dolce e naked raku.
Dopo la prima cottura utilizzo cloruri e solfati con materiali organici come foglie, fili di ferro, fondi di caffè, stoppa, segatura, zucchero, crini di cavallo che doneranno cromatismi dai grigi perlacei ai neri profondi.
Il cloruro ferrico costituirà la nostra base colorante, mentre carbonati e sali di cobalto e rame arricchiranno di sfumature policrome il nostro oggetto.

Raku dolce e sigillate.

In questa tecnica delicata prevale la terra sigillata utilizzando argille a pasta bianca non calcarea con granulometrie di chamotte sottilissime oppure assenti.

Le fasi della foggiatura e della rifinitura risultano fondamentali per la buona riuscita del manufatto, infatti oggetti mal rifiniti danno origine a difetti dell’ingobbio vetrificante. Per questo si consiglia di arrotondare i bordi e steccare finemente gli oggetti.

Il primo passaggio di terra sigillata costituirà il fondo per i passaggi successivi e dovrà essere dello stesso tipo di argilla con cui viene foggiato il pezzo è necessario che alla temperatura di cottura risulti microporoso .

La Terra sigillata è l’argilla, assai depurata e ricoperta da una bellissima “vernice”corallo, arancio o marrone cuoio, vernice per definire una ceramica colorata con ingobbi vetrificanti. Questi particolari rivestimenti si ottengono separando la parte argillosa e più grossolana da quella colloidale.

Generalmente si scelgono argille ferrose molto plastiche ricche di sodio e potassio (la creta Montelupo o la terra di Valencia).

Acqua piovana, sali sodici e argilla sono gli ingredienti per ottenere una terra sigillata: dopo aver fatto essiccare l’argilla la si sbriciola finemente, in un contenitore possibilmente trasparente scioglieremo circa 5 grammi di calgon in un litro d’acqua, introdurremo l’argilla e dopo una energica mescolata la lasceremo decantare per 8 ore.

Obvara

Obvara è una tecnica con origini nel medioevo nell’Europa orientale dove era usato per chiudere i pori della ceramica d’uso a bassa temperatura. Oggi, artisti contemporanee sperimentano con questo tecnica per creare una gamma di colori e superfici caratterizzati come un modo di espressione artistica. La miscela per Obvara è composto di farina, lievito e acqua, mischiato tre giorni prima della cottura in secondo fuoco.